“Senza categoria”

Monetine di spudorate mance

IMG_20210407_110651_Bokeh__01 (1)Un cieco rumore.

Un assordante sguardo di uomo su distratti pensieri in fuga.

Il respiro che si fa urlo.

Due vite si incrociano per un attimo all’angolo della strada. E gioca il destino con la fragilità umana. Le vite di due persone sconosciute si intrecciano, si aggrovigliano come i pezzi di lamiera rotti dall’esigenza di essere e dalla necessità di vivere. Due vite spezzate da un ritmo che non riesce a trovare spazio nella dolcezza della lentezza del vivere.
E gioca il destino, abbandonandoli in una macabra danza di sopravvivenza.
Lui sa quali carte giocare, ha scelto già per loro.
I secondi di esistenza diventano intere vite.
E mentre lo sguardo di uno corre verso quello che ancora sfugge all’interpretazione della propria vita, lo sguardo dell’altro corre per la sua sopravvivenza, corre ciecamente verso ciò che gli permetterà di vivere in una città in cui spesso è riflesso solo un’appendice di apparente luccicante esistenza.
Non c’è incontro possibile tra l’inerzia del mal di vivere e l’imprudente forza del sopravvivere.
E ha giocato incerto le carte questa volta il destino, quasi ad aprire un baratro di un’apparente scelta. Una scelta che non sempre ha ragion d’essere, che non sempre ha il lusso di poter essere presa.
Solo i pezzi lasciati come macerie sulla strade rimangano.
Un corpo livido con il costato riverso allo sguardo dell’altro protetto da un corpo meccanico resta dopo lo scontro fra umili destini di persona.
Sull’asfalto rimangano asciutte le monete di mancia per un lavoro che riempie le pance grasse e lascia morire di fame la consapevolezza della dignità del lavoro.
Resta il dolore, resta quel rumore stridente, rimbombante di corpi precipitati su pezzi meccanici.
Resta la paura di morire.
Resta la paura di poter ammazzare un perfetto sconosciuto, che ha messo nelle mani di un altro uomo la propria giovane vita per poter consegnare più velocemente ai clienti il suo biglietto di sopravvivenza.

Sara Bonomini

Un giorno di un autunno primaverile

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Crolla la certezza della tua carezza tra le macerie di un’esistenza di ottiche deformanti.

Non riesco più  a riconoscere la dolcezza della tua fragilità.

Nude e crude mani stozzano il mio desiderio.

 

Tu un giorno scappasti da me.

Era un giorno lontano di primavera.

Mentre nelle mie carni nasceva il desiderio di te, tu fuggisti dalle mie così acerbe braccia.

Per anni il desiderio di te travolse i miei passi.

Amai il mio desiderio di te.

Ti volli sacrificare al mio altare, volli uccidere quel bacio di infinito amore che provai sulle mie labbra di ragazza.

Per me fu facile amare l’eterno fugacità dell’attimo.

Mi persi nella tormenta.

Mi abbandonai alla tempesta tra le braccia di intensi e fugaci incontri.

 

Poi incontrai il tuo volto in una notte di inverno.

Amai con disperata furia il tuo corpo, devastai la tua anima con il mio furente desiderio di fuga da te. Da te che stavi scrivendo sulla mia pelle il significato di un amore semplicemente e passionalmente autentico.

Ma ti perdetti.

Mi persi di nuovo nella tormenta.

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Due occhi in una notte d’estate rubarono le mie parole.

Passione, tormento, estasi.

Mi persi di nuovo e scapai in terre lontane dove vidi anime nere imprigionate in deserti di anime sciogliersi addosso alle mie ossa consumate dalla mia antica passione di vita.

 

Fu una sera d’autunno tra le ombre di vita reale che ti incontrai.

Toccai con dolcezza la tua fragilità.

Ti amai, ti respinsi.

Ti ho cercato nei chiari-scuri della mia esistenza trovando un porto dove sostare,

dove amare di un disarmante amore puro.

Amai la tua assenza, mi abbandonai al tuo corpo, al tuo respiro. Ma non è stato abbastanza per la tua anima in cerca di un irrisolto enigma.  Io ero essenza tu cercasti presenza.

Ma venti soffiarono feroci a trafiggere le mie carni esposte ad un umano sentire.

E’ fu così tenero e feroce il tuo abbraccio di morte.

Di una morte che cercai forse per poter rinascere.

 

Sara Bonomi